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Per coloro che sono usi crogiolarsi nell'equilibrio
e nella raffinatezza dei lavori più tardi, queste registrazioni costituiranno
un salutare scossone. Esse mettono a nudo l'originale e forse più robusto
pilastro alla base della musica di Conte. L'evidente influenza di un "sentire"
quasi folcloristico pervade tutta l'opera, non solo nella scelta degli
accompagnamentii quali, dietro il pianoforte, si riducono spesso
ad una fisarmonica o un violinoma nella semplicità ritmica spesso
espressa in tempo binario, di marcia, unitamente alla "rozzezza" vocale
del neocantautore. Queste, dopo tutto, erano le sue prime esperienze
di cantante e ci vorrà ancora un po' di tempo prima che comprenda appieno
le limitazioni e le possibilità della sua voce. Di questo periodo Conte
stesso dice: "non cantavo, ululavo".
La non sufficientemente affinata "tecnica di studio" dà un particolare
colore ad alcune delle più famose e amate canzonicome "La fisarmonica
di Stradella" o "Onda su onda", già presenti in questo albumfino
a sfiorare la mancanza di sensibilità. Un ulteriore segno della ancora
incompiuta transizione da "compositore" a "interprete" è data dallo stile
pianistico, spesso proposto come se egli stesse scrivendo una canzone
con un accompagnamento in mente piuttosto che per evidenziare le risorse
strumentali a disposizione. La povertà di mezzi, unitamente al piano che
sottolinea semplici ritmi, potrà alle volte creare l'impressione di avere
un metronomo attaccato alla testa.
Con queste apparenti limitazioni, perché allora il Paolo Conte del 1974
rimane uno dei suoi dischi più interessantie anzi, amabili?
Potrebbe avere a che fare con la pura e graziosa semplicità delle melodie
di "Wanda" o "Questa sporca vita", così come può essere che, in fondoci
piaccia o nofiniamo col trovarci d'accordo con una vecchia affermazione
di Conte che il tempo bandistico della marcia è profondamente radicato
in ciascuno di noi. Potrebbe, altrettanto legittimamente, essere dovuto
alla terragna tenerezza dell'accento dell'Avvocato, fortemente incagliata
nella zona. Se non questo allora c'è il fatto che, come da nessun'altra
parte in Conte, nei primi due dischi siamo partecipi di una così spoglia
bellezza, faccia a faccia con le semplici gioie e le disillusioni, i dolori,
le prove e le difficoltà della vita provinciale, e più precisamente quelle
di una piccola città del nord Italia. Intendiamo qualcosa che di certo
non manca mai di commuovere ma che ha una risonanza del tutto particolare
per quelli di noi che condividono un'analoga esperienza di vita.
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